La Rocca di San Marino, chiamata anche con il nome di Guaita (“fare la guardia”) o come Prima Torre, è la più antica e la più grande delle tre rocche costruite sul Monte Titano.
Il nucleo centrale, con pianta pentagonale e costruito direttamente sulla roccia della montagna, risale all’undicesimo secolo e fungeva da posto di guardia e rifugio per i primi abitanti del Monte Titano. Era protetto da due cinte murarie: quella più interna è la più antica e circonda la Torre della Penna, la Torre Campanaria e gli alloggiamenti delle legioni, mentre quella più esterna, coronata da merli e rafforzata da torrioni angolari, faceva parte delle prime mura costruite a difesa della Città di San Marino.
La Torre Campanaria probabilmente fu costruita nel XVI secolo e tramite il suo Campanone avvisava i cittadini di imminenti pericoli. La Torre della Penna, invece, rappresenta l’antica torre di guardia ed è una ricostruzione del XV secolo.
I locali che realizzati per l’alloggiamento delle guarnigioni, dalla metà del XVIII al 1970 vennero riconvertiti in carceri per condannati a pene inferiori ai sei mesi, mentre per pene più lunghe si ricorreva al trasferimento in carceri italiane.
A Santa Barbara, protettrice degli artiglieri, era dedicato un altare del torrione sud. Nel 1960, poi, venne costruita l’attuale chiesa a ridosso delle mura esterne.
La Rocca è rappresentata nelle monete da 5 centesimi di euro di San Marino.
Guaita, Cesta e la Torre del Montale sono le tre “penne” simbolo del Titano, baluardi a difesa della libertà, sacra ai sammarinesi.
Prima Torre
Souvenir del Medioevo, costruita direttamente sulla pietra del monte senza alcuna fondamenta, la Prima Torre, a base pentagonale, risale al decimo secolo, ma è stata rafforzata più volte successivamente: è stata ricostruita come la si vede oggi nella seconda metà del XV secolo e nel XVI secolo è stata ricoperta con una copertura a spioventi. E’ detta anche “Rocca Guaita” e tra le sue solide pareti, protette da un doppio girone murario (quello esterno con merli e torrioni decapitati agli angoli), si riparava il popolo durante gli assedi. Alcuni ambienti furono adibiti a carcere fino all’ottobre del 1970.
Lo stemma barocco di pietra che si vede sulla porta d’ingresso è quello della Repubblica e risale al 1600, prima apparteneva al vecchio Palazzo Pubblico. La cinta interna è limitata dalla Torre campanaria e dalla Torre della Penna, costruite alcuni secoli piu tardi. La porta superiore, a cui si può giungere per mezzo di una scala, è difesa da una bertesca del 1481. Nel cortile sono presenti alcuni pezzi d’artiglieria risalenti all’ultima guerra: due mortai, dono di Vittorio Emanuele II, due cannoni (da 75 mm) utilizzati a salve dalla Guardia di Rocca nelle festività, dono di Vittorio Emanuele III.
Seconda Torre
Sul secondo picco del Monte Titano, il più alto, a 756 metri di altezza, si erge invece il Castello della Cesta, detta anche Fratta. Costruita alla fine del XI° secolo, anch’essa di pianta pentagonale, la Seconda Torre era la sede del corpo di guardia, accolse anche alcune celle delle prigioni. Verso la fine del XVI secolo, venuta meno l’importanza strategica, la Torre cadde in disuso fino al 1930 quando, nell’ambito dell’ammodernamento del Paese conseguente alla costruzione della ferrovia Rimini – San Marino si stabilì di restaurare i monumenti medioevali per incentivare l’afflusso turistico sul Titano.
Oggi ospita il Museo delle Armi Antiche che comprende circa 535 oggetti tra armi bianche, armi in asta, armi da fuoco, archi, balestre, armature tutte risalenti a varie epoche tra il Medioevo e la fine dell’800. Il rimanente della collezione che nel suo complesso conta piu’ di 1550 pezzi, si trova nel “Centro di studi sulle armi dal medioevo al novecento” a Borgo Maggiore.
Terza Torre
Infine, la Terza Torre detta del Montale risale a fine XIII° secolo. E’ la più “piccola” per dimensioni, ma per la difesa, ha ricoperto un ruolo strategico: è collocata infatti nella migliore posizione per la vedetta. Si tratta di un fortilizio dalla pianta pentagonale, restaurato diverse volte nel corso dei secoli, l’ultima nel 1935. L’interno contiene una prigione profonda 8 metri detta “fondo della torre”. Intorno al Montale si vedono grossi massi di roccia molto antichi, sovrapposti in modo primitivo a guisa di muri.
Il tratto di mura che dalla Seconda Torre porta al parcheggio della cava antica, appartiene ai resti della seconda cinta di mura della città costruita nel XIII secolo. La città di San Marino, infatti, era fortificata da tre cinta di mura costruite in tre differenti epoche e in gran parte abbattute per permettere l’espandersi della città.
La Repubblica di San Marino ha origini antichissime, tanto che San Marino è ritenuta la più antica repubblica del mondo dopo quella romana.La tradizione fa risalire la sua fondazione al 3 settembre 301 d.C., quando Santo Marino, un tagliapietre dalmata dell’isola di Arbe fuggito dalle persecuzioni contro i cristiani dell’imperatore romano Diocleziano, stabilì una piccola comunità cristiana sul Monte Titano, il più alto dei sette colli su cui sorge la Repubblica. La proprietaria della zona, una ricca donna di Rimini donò il territorio del Monte Titano alla piccola comunità, che lo chiamò a memoria del fondatore “Terra di San Marino”.
A protezione contro i saraceni ed i normanni, nel X secolo l’abitato viene fortificato, inizialmente con la realizzazione le tre rocche e poi cingendo le rocche con un muro di difesa.
Le tre rocche sormontate da piume di struzzo appaiono nello stemma della repubblica, che presenta un ramo di alloro alla sinistra delle rocche, un ramo di quercia a destra ed una corona in alto.
Lo Stato della Chiesa, ad opera del papa Nicola IV, riconobbe la repubblica nel 1291. Nel 1320 aderì ad essa il castello di Chiesanuova. Nel 1351, dopo che il vescovo di San Leo e del Montefeltro lo ebbe affrancato dai vincoli feudali, San Marino divenne un libero comune.
Il territorio rimase limitato al Monte Titano fino al 1463, quando la Repubblica entrò nella coalizione che sconfisse il signore di Rimini Sigismundo Pandolfo Malatesta. Come ricompensa, papa Pio II cedette a San Marino le città di Fiorentino, Montegiardino e Serravalle. Nello stesso anno, la città di Faetano chiese di essere annessa alla Repubblica. Successivamente, i confini dello Stato non hanno più subito modifiche.
A partire dall’anno 1000, l’autogoverno era affidato all’assemblea di tutti i capi famiglia, chiamata Arengo. L’Arengo deteneva tutti i poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, che prima invece erano nelle mani dell’abate feudatario. Tuttavia, la crescita delle dimensioni della comunità rendeva ingestibile un organo decisionale così ampio: così, nel XIII secolo vennero create assemblee politiche (il Consiglio dei LX e il Consiglio dei XII).
Nel 1243 venne introdotta la figura dei capitani reggenti che svolgevano le funzioni di Capi di Stato, i primi di cui si abbia notizia (ma alcune fonti fanno credere che ce ne siano di precedenti) sono Oddone Scarito e Filippo da Sterpeto. Eletti dall’Arengo, gestivano il potere esecutivo e giudiziario. Le prime leggi risalgono al 1263. Nel Secolo XV venne creato il Consiglio Grande e Generale, composto da 60 membri dell’Arengo, al quale furono delegate alcune prerogative dell’assemblea. I nuovi organi istituzionali assorbirono progressivamente la maggior parte delle prerogative dell’Arengo. Quest’ultimo, pur non essendo mai ufficialmente abolito, svuotato dalle sue funzioni non venne più convocato a partire dal 1571.
L’8 ottobre 1600 è stata promulgata la prima Costituzione scritta, le Leges Statutae Sancti Marini, alla base delle fonti del diritto sammarinese, assieme alla Legge elettorale degli anni trenta. In seguito si assiste a un processo di deterioramento delle istituzioni: il Consiglio Grande e Generale, svincolato da ogni forma di controllo, diviene strumento per la realizzazione degli interessi di un numero sempre più ristretto di famiglie patrizie. Il Consiglio infatti cessa di essere eletto dall’Arengo ma viene rinnovato tramite cooptazione. All’inizio del Secolo XVII viene stipulato un accordo di protezione con lo Stato della Chiesa.
L’indipendenza del piccolo Stato è stata messa in pericolo più volte: in tutta la sua storia, San Marino ha subito tre brevi occupazioni militari. Nel 1503Cesare Borgia occupò la Repubblica per dieci mesi sino alla morte del padre, papa Alessandro VI. Successivamente, nel 1739, il tentativo di annessione allo Stato della Chiesa ad opera del cardinale Alberoni, fallito grazie all’intervento delle potenze dell’epoca, alla disobbedienza civile e alle proteste davanti a papa Clemente XII. L’ultima occupazione del Paese avvenne nel 1944 ad opera delle truppe tedesche in ritirata e successivamente dagli Alleati, che lo occuparono per poche settimane.
Lo Stato è stato riconosciuto dalla Francia di Napoleone nel 1797 e da altri Paesi europei al Congresso di Vienna del 1815. Lo stesso Napoleone, in segno di amicizia e fraternità ai cittadini della Repubblica, offrì ai sammarinesi di estendere i loro confini al mare. La proposta, con grande lungimiranza politica, fu gentilmente rifiutata e nella lettera di risposta il Reggente Antonio Onofri affermò che “la Repubblica di San Marino, contenta della sua piccolezza non ardisce accettare l’offerta generosa che le viene fatta, né entrare in viste di ambizioso ingrandimento che potrebbero col tempo compromettere la sua libertà”; ciò permise alla Repubblica di non essere assimilata ad alleato della Francia nel Congresso di Vienna.
I castelli sono le unità amministrative in cui è divisa la Repubblica di San Marino.
Anticamente, il territorio della Repubblica di San Marino era diviso in dieci gualdarie con finalità di tutela del patrimonio naturale, delle proprietà rurali e di mantenimento dell’ordine pubblico.
Nel 1463 dopo l’annessione delle città di Serravalle, Montegiardino e Faetano tolte ai Malatesta di Rimini vennero chiamati per la prima volta “castra subdita” (luoghi soggetti) da cui la parola castello a cui vennero date diverse autonomie amministrative. Ognuno dei tre Castelli era governato da un Capitano nominato dal Consiglio Grande e Generale.
Dal 1463 al 1925 San Marino fu quindi diviso in quattro castelli (Fiorentino, Montegiardino, Faetano e Serravalle) e in cinque parrocchie o gualdarie (Città di San Marino, Acquaviva, Borgo Maggiore, Chiesanuova, Domagnano).
Castello di SAN MARINO CITTA’
Riprende, con le opportune variazioni, lo stemma della Repubblica, accentuando il significato di capitale dello Stato e sede delle principali magistrature. E’ la capitale di questa piccola, antica e gloriosa Repubblica che si fregia del titolo di ” Serenissima “.
Insigni monumenti, ricchi musei, un panorama unico al mondo ne fanno meta ogni anno di milioni di turisti. Solenni momenti di vita medievale si possono rivivere più volte all’anno con le cerimonie per l’ingresso dei Capitani Reggenti il 1° Aprile ed il 1° Ottobre e per la festa della fondazione della Repubblica il 3 settembre.
Castello di ACQUAVIVA
Lo stemma si riferisce al precedente toponimo del castello, MONTECERRETO, cambiato nel 1945: “D’azzurro, ai tre cerri frondosi di verde, fustati al naturale nodriti dal colle di tre cime d’oro disposte a piramide”.
Acquaviva ( mt. 237 ) ha preso il nome da una vena d’acqua zampillante alle falde di Montecerreto, proprio dove alle origini si riuniva l’abitato, una gran fontana a più bocche fu realizzata fin dai primi anni del 900, l’umile e preziosa acqua della sorgente serviva e dava aiuto e sollievo ai bisogni di tutta la popolazione. Oggi una nuova fontana, completamente addossata alla foce della sorgente, ricorda e celebra il simbolo di questo castello. Qui una lunga strada costeggia una riva del torrente San Marino, un tempo lungo queste rive, operavano, alacri e laboriosi, ben cinque mulini ad acqua. E’ voce di popolo che con questa fonte S. Marino battezzasse i neofiti. Motivi molto attendibili ha l’asserzione di Anton Maria Zucchi Travagli e di Gino Zani che la corte di Stirvano, in cui il 20 febbraio 885 fu emesso il Placito Feretrano, si identifichi con il Castello di Montecerreto.
Fino al 1243 i conti di Montecerreto esercitarono il diritto di pedaggio da chi attraversava il loro dominio, che s’incuneava in terra Sammarinese. Fu infatti il 19 dicembre di quell’anno che Guido di Cerreto, figlio di Guidone Lambertizio, vendette ai Sammarinesi ogni privilegio di riscuotere i tributi, per il passaggio nelle corti dei castelli di Cerreto, di Ventoso e dello stesso territorio appartenente al castello e alla curia di San Marino.
Nel 1352 Montecerreto apparteneva sicuramente alle tre penne e poiché, in tale data, non è più castello, si può supporre che furono gli stessi sammarinesi a distruggerlo, forse per l’impossibilità di presidiarlo adeguatamente. Nondimeno le fondamenta della fortificazione sono ancor oggi chiaramente identificabili nel loro ristretto perimetro.
Si ha memoria della villa di Acquaviva a cominciare dal 1253. E’ documentato nella seconda gualdaria del 1295 il rivo di Acquaviva, oggi Fosso di Canepa. Nella descrizione della stessa gualdaria e nella decima troviamo citati molti siti, torrenti e fonti dell’attuale Castello di Acquaviva. I dintorni di Acquaviva, offrono notevoli squarci e paesaggistici. Affascinante la pineta di Montecerreto, la cui sommità tocca i 458 metri. Acquaviva ha l’attributo simbolico di ducato per il titolo di duchessa d’Acquaviva conferito alla berlinese Otilia Heyroth Wagener ( 1876 ). E’ dono suo, come vedemmo, la statua della Libertà del Galletti nella piazza della Libertà o Pianello.
Castello di MONTEGIARDINO
Lo stemma allude direttamente al toponimo. Stemma: “D’azzurro, a tre rose di rosso gambate e fogliate di verde, disposte a ventaglio, moventi dalla cima di una montagna di tre vette d’oro”. Il Castello di Montegiardino ( mt. 339 ). Nel 1371 aveva 29 focolari, cioè 130 abitanti, appartenuto per lungo tempo ai conti di Carpegna, provvidero i Malatesta ad ingrandirne e a potenziarne la fortezza, che poggiava su un banco di gessite.
Nel 1463, con curia, terre e giurisdizione, entrò nei confini del Titano dopo prolungato assedio dei soldati feltreschi e sammarinesi. Il castello fu smantellato da questi ultimi su sollecitazione di Federico d’Urbino.
Nel 1647, il rettore della chiesa, che era situata fuori della cinta, acquistò i ruderi che minacciavano completo disfacimento.
L’archivio di stato della Repubblica tiene in custodia gli atti dell’Arengo della comunità dal 1768 al 1908 e quelli delle entrate e delle spese dal 1706 al 1766.
Ma già molto prima Montegiardino dovette avere i suoi statuti, come Serravalle e Faetano.
Invero nella seduta consigliare del 23 maggio 1599 gli uomini del castello domandavano al Consiglio Principe, ed ottenevano, che fosse ” autenticato il lor Statuto, esemplato da quello di Faetano per il quale sempre si sono governati anticamente “.
Castello di CHIESANUOVA
Il nome antico era PENNAROSSA, modificato nel 1944, che spiega la figura dello stemma adottato: “D’argento, alla penna in palo di rosso”. Il Castello di Chiesanuova ( mt. 448 ), distante circa 6 chilometri da Fiorentino, è l’estremo lembo della Repubblica verso il Montefeltro. Le propaggini del paesino, tipicamente agreste, lindo e civettuolo, si estendono infatti fino al confine di stato che immette a destra a Pieve Corena, Montemaggio, Castello di Montemaggio, Agenzia di San Leo, Torello di Pietracuta, e a sinistra a Monte, Montecerignone, Macerata Feltria, Villagrande, Carpegna.
Chiesanuova trae origine dal medievale Castello di Busignano, che era sito a La Fratta ( mt. 310 ) del giorno d’oggi, tra il fosso di Chiesanuova e il torrente San Marino. Fino dalla metà del secolo XIII i sammarinesi avevano possedimenti nella curia di Busignano. Il 10 Febbraio 1320 gli abitanti del castello volontariamente richiesero di essere aggregati, con tutti i diritti e i doveri, a San Marino.
Fu annessa una parte della Valle di Sant’Anastasio, le cui famose acque salutari conservano il nome di ” Acque di San Marino. Sulle rovine di Busignano, di cui è rintracciabile qualche tratto di fondazione, si narra che fosse creato un convento.
Aveva una campana tutta d’oro. Fu sepolta sotto i relitti dagli stessi monaci prima di sfuggire all’aggressione dei nemici. Busignano deve il suo nome ad un Bucinius proprietario di un predio romano. Chiesanuova assunse il nome nel Cinquecento, quando si hanno le prime annotazioni nell’archivio parrocchiale della Pieve.
E l’assunse in conseguenza della ricostruzione della chiesa antica di S. Giovanni Battista in Curte, toponimo di cui perdura memoria presso Caladino. La parrocchiale, in pietra concia, dei nostri giorni è dell’ing. Gino Zani ( 1961 ).
Intitolata a S. Giovanni Battista, ricalca lo stile romanico. Un certo rigoglio industriale si segnala a Chiesanuova: prefabbricati in cemento, camiceria, liquorificio, industria alimentare. Abbondanti i cereali, il vino, la frutta, praticato l’allevamento del bestiame.
I dintorni del castello, con di fronte ad oriente l’arioso San Marino, che degrada sui declivi, rasserenano l’animo di chi cerca le cose schiette e sublimi della natura.
Castello di DOMAGNANO
Anticamente MONTELUPO e, fino al 1944, TORRACCIA, con la variazione toponomastica lo stemma ha perso la sua connotazione “parlante”: che unisce la figura del lupo passante alla torre in rovina sulla cima di un monte . Qui si estendeva il ” Castello di Montelupo “, il popolo favella di un sotterraneo e di tesori nascosti.
Davanti alla chiesa sorgono i ruderi della Borraccia, una torre di osservazione longobarda rinforzata dai Malatesta.
Su di essa aleggia la leggenda, diffusa anche a Montecerreto, di una giovane donna dai capelli d’oro e dalle mani candide che nelle notti di tempesta canta e lavora al telaio.
Poi risuonano gemiti e urla disperati che, con l’acciottolio di stoviglie infrante, si confondono con il muggire del vento. L’archeologo tedesco Febamayer, che venne qui nel 1939, affermò che la leggenda è comune a molte stazioni longobarde.
Montelupo fu annesso alla comunità di san Marino nel 1463. La festa del paese ricorre la prima domenica di settembre. Da Sterpeto di Domagnano trasse il cognome e forse i natali uno dei primi due Reggenti: Filippo da Sterpeto ( ottobre 1244 ).
La settima Gualdaria, nel 1295 era costituita da Sterpeto e da Piandavello, sia la prima località, che la seconda sono nominate come fondi nella corte di San Marino rispettivamente nel 1230 e nel 1253. Sempre in quel di Domagnano a Cà Giannino, sarebbe nato il sommo scultore e architetto Donato Bramante ( 1444 – 1514 ).
A Domagnano, nella chiesa di S. Michele, opera di Gino Zani ( 1935 ), una buona tela del Riminese Giuseppe Soleri Brancaleoni ( 1750-1806 ).
Rappresenta: San Marino con San Michele, San Giuseppe e San Rocco.
La festa del Castello di Domagnano si svolge il 2 Luglio.
Castello di BORGOMAGGIORE
Già MERCATALE, come attesta il nome odierno è il più grande Castello dopo la capitale, proprio ai piedi del Monte Titano, collocazione che si riflette nella figurazione dello stemma. E’ l’antico Mercatale, sorto nel secolo XII, all’ombra della genga bigiannerita del monte.
Nel 1295 faceva parte della prima gualdaria ( De Castro et Plagiis ), che con i suoi 254 ettari comprendeva appunto la piccola capitale cinta di mura, il Mercatale ad est e le Piagge, cioè le pendici del Titano, ad ovest.
Preceduta da un pronao, ( Tempietto Romano ), esisteva già nel Settecento.
In piazza di sopra, già piazza Anita Garibaldi, sita poi poco sotto la rupe e nei pressi della caratteristica grotta che penetra nella roccia del monte, troviamo una lapide che ricorda la breve dimora di Anita Garibaldi, soccorsa e rifocillata insieme all’eroe e ai suoi fedeli garibaldini, quando tra il 30 e il 31 luglio 1849 Garibaldi ed i suoi militi chiesero breve asilo e possibilità di transito alla Repubblica, durante la lunga marcia verso Venezia.
Un po’ più in basso c’è la ” Piazza Grande ” ( già Piazza Ignazio Belzoppi, 1762–1828. Letterato e poeta ), dove si affacciano i piccoli negozi, è dominata nel lato monte dalla ” Torre Civica o Torre dell’Orologio ” costruita nel 1896 dall’Architetto Azzurri di Roma; qui si erge la Chiesa del Suffragio dedicata a S. Antimo, vescovo di Nicomedia, martirizzato sotto Massimiliano il 27 aprile del 302.
Il toponimo ” Borgo Maggiore ” trae spunto dal fatto che un tempo, all’interno dell’antica Gualdaria che comprendeva la Capitale, era l’agglomerato più vasto e più popolato.
Fin da sempre il mercato ha avuto grande importanza, per questo Castello, il primo mercato di cui si ha notizia risale all’anno 1243, con giorno stabilito di Mercoledì, a cui si alternavano vari fiere all’interno dell’anno.
Ancor oggi è un importante centro commerciale ed ogni giovedì vi si svolge un mercato molto frequentato dalla popolazione.
Un’agile funivia lo collega in tre minuti alla Città di San Marino. Ampi parcheggi, negozi, trattorie, locande e suggestive passeggiate consigliano di visitare questo antico castello.
Castello di FAETANO
Lo stemma riprende il nome del paese, che deriva da “faggio” o più precisamente da “Bosco di Faggi”. Stemma: “D’oro, al faggio sradicato al naturale”. Il Castello di Faetano ( mt. 282 ) e la zona finitissima sono legati a remoti insediamenti.
Nel 1961 a Cà Mularoni il piccone portò in superficie dei ” fittili romani “, deducibili forse da una fornace.
Il 17 giugno 1069 Pietro di Benone elargì la quarta parte del castello in favore di Pier Damiani e del monastero di San Gregorio in Conca. Nel Duecento Faetano faceva parte del Comune di Rimini. I confini della sua corte con San Marino furono pattuiti il 14 novembre 1286.
Nel 1371, con solo diciotto focolari risultava sotto la Chiesa, che l’aveva concesso in vicariato al contado dei Malatesta. Durante la guerra di Pio II contro Sigismondo Pandolfo Malatesta, Faetano abbassò spontaneamente le armi di fronte alle truppe Sammarinesi, ed è per questo che nel 1463 il papa lo diede in dominio, con piena giurisdizione, alla comunità del Titano.
Anche Faetano, al pari degli altri due Comuni del contado, Serravalle e Montegiardino, ebbe amministrazioni comunali.
Di ciò si ha conferma dagli atti dell’Arengo dal 1631 al 1831 e da quelli delle entrate e delle spese dal 1687 al 1788.
Castello di FIORENTINO
I tre fiori (araldicamente delle “rose” canine stilizzate) di smalto rosso si riferiscono al nome del Castello. Stemma: “D’oro a tre rose di rosso, bottonate del primo”. Presente nel Placito Feretrano dal’885, donato nel 1069 dal riminese Pietro di Pennone al monastero di San Gregorio in Conca, nel 1140 ubbidiva a Nolfo di Carpegna.
E ai conti Rinalduccio Bandino, di questo casato apparteneva ancora nel 1371.
Fiorentino aveva in quell’anno 20 focolari, una rocca, un palazzo d’abitazione per i signori e una piccola chiesa fuori dalla cinta.
Passato ai Malatesta di Rimini, divenne nel Quattordicesimo il più minaccioso avamposto contro San Marino, la cui terza torre distava poco più di un miglio in linea d’aria e meno di tre chilometri su strada. I Sammarinesi, che lo chiamavano per disprezzo il Castellaccio, lo fecero proprio nel 1463 in seguito alla guerra vittoriosa condotta dalla lega di Pio II contro Sigismondo Pandolfo Malatesta.
Il castelaccio venne demolito dagli stessi sammarinesi sui primi del 1479 per consiglio di Federico, duca d’Urbino, che aveva esortato i Capitani Reggenti ad atterrarlo.
I ruderi del Castelaccio imponenti sul monte Seghizzo ( mt. 550 ) fino al principio di questo secolo, si offrono ancor oggi alla vista del visitatore frà quercie e cipressi.
Castello di SERRAVALLE
Etimologicamente “che chiude la Valle ”: si riferisce alla posizione strategica del Castello, ruolo difensivo al quale allude la torre rossa dello stemma. Stemma: “d’azzurro, alla torre quadrata di rosso, merlata di tre pezzi alla ghibellina”. In origine si chiamava Olnano ( Castrum Olnani ), era un insediamento romano che aveva preso il nome forse dall’abbondanza di orni o ornelli. In una bolla di Lucio II, datata 1 giugno 1144, si apprende che in quell’anno Serravalle apparteneva alla Chiesa Riminese.
Successivamente il castello fu soggetto a Berardo da Maiolo, al comune di Rimini, al Vicariato di Santarcangelo, alla S. Sede e ai Malatesta. Alla luce del documento censuale del cardinale Angelico risulta che nel 1371 aveva 50 focolari ( circa 250 abitanti ) e una rocca presidiata solo in caso di guerra.
Sigismondo Pandolfo Malatesta irrobustì il fortilizio, alzò la torre e l’8 febbraio 1437 concesse ai Serravallesi autonomi statuti. Con atto di Pio II Serravalle passò sotto la giurisdizione di San marino, il 27 giugno 1463, ma effettivamente nei primi mesi dell’anno dopo.
Cesare Borgia nel 1503 la affrancò, per poco, da San Marino ponendola sotto un vicario di Rimini. Serravalle possiede uno statuto in volgare, approvato nel 1437, come dianzi detto dal Malatesta e con aggiunte sino al 1510. E’ il castello più popolato della Repubblica, insieme con Dogana e Falciano. La festa di S. Andrea, titolare della parrocchia e quindi della chiesa di Serravalle, è celebrata il 30 novembre. Quella parrocchia, in onore della Madre di Dio sotto il titolo di Regina del Rosario, si ripete la prima domenica di ottobre.
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