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~ Quando diciamo "castello", la fantasia porta ad evocare un universo fantastico e meraviglioso popolato di dame e cavalieri, di assedi e di duelli, di amori e delitti, storie e leggende, nelle pietre dei castelli sono incisi secoli di storia. In questo Blog voglio condividere la mia passione per questo tipo di architetture, scoprire insieme le diversità da stato a stato, le loro bellezze, la loro storia e i loro misteri. Un anticipato GRAZIE alla collaborazione di Wikipedia, l'enciclopedia libera. per la realizzazione dei contenuti ! Se hai foto, articoli di castelli oppure rievocazioni storiche da segnalarmi la mia e-mail è : castlesintheworld@yahoo.it

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Archivi della categoria: Castelli del Lazio

Rocca Pia di Tivoli

27 venerdì Feb 2015

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Alessandro VI Borgia, cardinale Ippolito d'Este, castello del XV secolo, città di Tivoli, famiglia Borgia, famiglia Colonna, famiglia Orsini, famiglia Piccolomini, fortezza medievale, Giacomo da Gaeta, mastio, papa Callisto III, papa Callisto III Borgia, papa Pio II, papa Pio II Piccolomini, papa Sisto IV, papa Sisto IV della Rovere, ponte levatoio, Rocca, torrione

Rocca PiaLa Rocca Pia è una fortezza del XV secolo situata in quello che oggi è il cuore della città di Tivoli, la costruzione della rocca nel 1461 metteva fine ad un periodo caratterizzato da forti conflittualità di vario genere per la città di Tivoli; lacerata dai contrasti tra partito guelfo e partito ghibellino, nonché dalle lotte intestine tra i discendenti della casa Colonna e della casa Orsini, la città si trovò costretta a metà del XV secolo a sopire le sue secolari aspirazioni d’indipendenza comunale e ad assoggettarsi infine al potere papale.

Rocca Pia

Nel luglio 1461 papa Pio II Piccolomini, per la prima volta in visita alla città di Tivoli, per assicurarsene la fedeltà dava l’avvio alla costruzione, affidandone probabilmente il progetto agli architetti Niccolò e Varrone, entrambi allievi del Filarete. Soprastante della fabbrica fu Giovanni Stefano da Landriano, lombardo; esecutori dei lavori mastro Manfredino e soci; responsabile finanziario fra Giacomo da Gaeta.

Rocca Pia

A perenne memoria della capitolazione della “Tibur Superbum” (Virgilio), sul portale d’ingresso alla rocca campeggia ancora l’iscrizione: “Grata bonis, invisa malis, inimica superbis sum tibi Tibure: enim sic Pius instituit” (grata ai buoni, invisa ai malvagi, nemica ai superbi, sono per te a Tivoli, poiché così volle Pio).

Rocca Pia

La posizione strategica scelta per la costruzione, suggerita forse dalle preesistenze risalenti al periodo di papa Callisto III Borgia, poco fuori l’abitato storico e la cinta muraria, ma prominente rispetto al resto della città, garantiva la sicurezza dall’esterno, attraverso la stretta vigilanza cui consentiva di sottoporre le vie d’accesso e la via Tiburtina, ma allo stesso tempo scongiurava la possibilità di nuovi disordini interni.

Rocca Pia

La Rocca inoltre andava ad innestarsi in un’area urbanisticamente assai complessa: l’area ad est (l’attuale piazzale Matteotti) accoglieva i resti di una necropoli dell’Età del Ferro (IX – VI secolo a.C.), attribuibile alle prime popolazioni sabine che s’insediarono nel territorio; l’area a Nord invece era dominata da un anfiteatro di età romana (il cosiddetto Anfiteatro di Bleso), le cui eminenze furono completamente rase al suolo, per impedire che potessero offrire riparo ai nemici.

Rocca Pia

La costruzione del complesso fu ultimata nel corso del secolo, con Sisto IV della Rovere o più verosimilmente con Alessandro VI Borgia (i due torrioni minori), mentre lievi modifiche furono apportate nei primi anni del Cinquecento con Giulio II.

L’edificio andò ad assolvere il ruolo strategico-militare con il cui intento fu costruito parzialmente e comunque solo dopo la metà del XVI secolo, ovvero con la nomina del cardinale Ippolito d’Este a governatore della città, mentre con la conseguente realizzazione della Villa d’Este fu coinvolto nel monumentale progetto residenziale che si profilava per la città.

Rocca Pia

Nel Settecento fu occupata dalle truppe francesi ed austriache, quindi divenne prima caserma e poi fu adattata a carcere in età napoleonica, tramite l’addossamento all’interno del cortile di un corpo di fabbrica, ruolo che andò a ricoprire fino al 1960.

Recentemente sono stati recuperati e aperti al pubblico i resti dell’antico anfiteatro ai piedi del complesso, la Rocca invece nonostante i restauri non ha ancora, incredibilmente, una precisa destinazione d’uso, né è visitabile, ma conserva ancora intatta la sua imponente monumentalità.

Rocca Pia

L’edificio realizzato in tufo locale è costituito da: 4 torrioni di forma circolare di diverse dimensioni, uniti da alti muraglioni, che delimitano lo spazio di un cortile interno.

Il torrione maggiore, che dava verso l’esterno della città e fungeva da vero e proprio mastio, è alto 36,50 m e contiene sei stanze sovrapposte; il secondo, alto 25,50 m, ne contiene 5, mentre i due minori, collocati verso la città, ma aperti sul cortile, sono alti 18 m e contengono solo 3 stanze sovrapposte ciascuno.

Rocca Pia

Il portale d’ingresso, che reca le insegne della famiglia Piccolomini, era difeso da un avancorpo d’ingresso con due torrioni di forma quadrata. Gli alti muraglioni e i torrioni svettano sopra un’alta base a scarpa e sono coronati da profondi archetti pensili di sapore medievaleggiante; le torri conservano ancora intatta l’originale merlatura guelfa (persa nei muraglioni). Dal lato orientale è ancora ben visibile, benché murata, l’apertura posta a mezza altezza cui era associato il ponte levatoio.

Rocca Pia

Le forme ancora molto medievali fanno da contrappunto al tentativo di Pio II di realizzare uno strumento dotato della più innovativa tecnologia dell’epoca; la diffusione delle armi da fuoco comportò quindi un massiccio ispessimento delle mura, cosparse da numerose aperture per le bocche di fuoco. Nonostante questi tentativi però ben presto la fortezza risultò largamente inadeguata rispetto alle moderne teorie architettoniche e così finì per assolvere funzioni estranee alla sua natura.

Rocca Pia

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Castello di Ostia

27 venerdì Feb 2015

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Baccio Pontelli, cardinale Giuliano della Rovere, Castelli della provincia di Roma, Castelli di Roma, castello del XV secolo, castello di Giulio II, dogana pontificia, fortezza, fortificazione, fortificazione costiera, Giuliano da Sangallo, i Borgia, mastio, Ostia Antica, papa Giulio II, Rocca, Tevere, torrioni

Castello di OstiaIl castello di Ostia chiamata anche Rocca di Ostia o castello di Giulio II è una fortezza posta sul lato sud del borgo medievale di Ostia Antica.

L’opera fu fatta realizzare tra il 1483 e il 1486 dal cardinale Giuliano della Rovere, futuro (papa Giulio II), per controllare i propri possedimenti di famiglia e l’accesso a Roma dal mare lungo il Tevere, in funzione anti Borgia.

Rocca di Ostia

Il progetto è attribuito a Baccio Pontelli, anche se non mancano i dubbi. Vasari attribuisce l’opera a Giuliano da Sangallo.

Altri storici fanno il nome di Francesco di Giorgio Martini per il progetto, mentre Pontelli potrebbe aver diretto i lavori.

Castello di Ostia

In effetti l’opera presenta numerosi elementi riferibili alle opere ed ai trattati del maestro senese, che Pontelli potrebbe aver conosciuto durante la frequentazione ad Urbino. Tuttavia la rocca presenta analogie anche con le fortificazioni progettate da Francione, maestro a Firenze di Pontelli.

Castello di Ostia

La fortificazione si trovava tra il borgo murato medievale di Ostia antica e il corso del Tevere, fino alla piena del 1557 che modificò in corso del fiume lasciando a secco il fossato. La fortezza fu a lungo caposaldo militare e dogana pontificia.

Rocca di Ostia

L’opera presenta criteri tecnici innovativi e conoscenze militari notevoli. La forma è triangolare, con torrioni sui vertici: due circolari (“rondelle”) e uno poligonale di dimensioni maggiori, alti quanto le mura per creare un cammino di ronda unico su tutto il perimetro. Un ampio fossato, alimentato dal Tevere, correva in origine lungo il perimetro.

Castello di Ostia

Le mura sono completamente in mattoni, secondo l’uso marchigiano, hanno un’altezza ridotta e sono molto spesse, con un’inclinazione a scarpa, per evitare l’impatto ortogonale dei proiettili.

Castello di Ostia

Le postazioni di artiglieria (“troniere”) sono poste nella “gola” tra “rondelle” e “cortina” e vi sono aperture per le bocche da fuoco anche molto vicino al suolo, per tiri radenti e difesa incrociata. All’interno della fortezza un mastio circolare emerge a controllare il Tevere.

Tali caratteristiche ne fanno un episodio importante tra le rocche di transizione di fine XV secolo, verso l’affermarsi della fortificazione alla moderna.

Rocca di Ostia

 

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Castello Massimo di Arsoli

27 venerdì Feb 2015

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Arsoli, Benedettini di Subiaco, Castelli della provincia di Roma, castello baronale, Castello del X secolo, Fabrizio Massimo, famiglia Zambeccari, fortificazione monastica, giardini all'italiana, Il Castello, Maria Cristina di Sassonia, Massimiliano Massimo, Principi Massimo, stile neogotco

 

Castello MassimoSituato sul colle di Belmonte, Castello Massimo sovrasta con la sua imponenza la città di Arsoli.

Il castello di Arsoli nasce nel X secolo come convento fortificato dei Benedettini di Subiaco e nel 1574 diventa proprietà della famiglia dei Principi Massimo, per opera di Fabrizio Massimo che comprò il feudo dalla famiglia Zambeccari.

Castello Massimo

Fu San Filippo Neri, padre spirituale e amico di famiglia, a consigliarne l’acquisto, sperando che l’aria di quel luogo potesse giovare alla salute cagionevole del figlio del Principe Fabrizio, Paolo, come documentato anche da un iscrizione nell’armeria del castello.

Castello Massimo

Rimaneggiato nel Medioevo, dal XVI secolo cominciò a vivere un periodo di splendore, quando Fabrizio Massimo ricostruì l’edificio nelle forme di palazzo baronale turrito e merlato, addossandolo ai resti della primitiva rocca.

Castello Massimo

Fabrizio Massimo, primo signore di Arsoli, fu un feudatario illuminato, portò innumerevoli benefici e migliorie al paese; restaurò le chiese, costruì un acquedotto, volle la redazione di un nuovo statuto cittadino, fece impiantare fabbriche e manifatture, con la formazione di una corporazione di arti e mestieri e fece bonificare i terreni per incrementare l’agricoltura; fu l’artefice di una nuova condizione socio-economica del paese di Arsoli.

Castello Massimo

Restaurò infatti il castello, avvalendosi dell’opera dell’architetto Giacomo Della Porta a cui affidò anche la costruzione della importante chiesa del S.S. Salvatore. Il castello acquisì un uso di vita rinascimentale, arricchito da affreschi, giardini e da un teatro in cui gli stessi arsolani potevano assistere ad alcuni spettacoli.

Castello Massimo

Da allora per vari secoli è rimasto il fulcro di un feudo importante per la famiglia Massimo, che ne ha sempre curato l’aspetto culturale e politico, con l’aiuto delle parentele e relazioni con l’Italia e l’Europa e gli incarichi politici presso i pontefici del tempo, e che si riflettono nello sviluppo del paese e nei numerosi successivi interventi architettonici sul castello, seguendo la moda dell’epoca.

Castello Massimo

Così nascono gli affreschi settecenteschi di Benefial del salone principale, il romantico giardino pensile, gli apporti ottocenteschi di gusto neogotico tedesco di Maria Cristina di Sassonia, moglie di Massimiliano Massimo, che ha anche voluto i giardini all’italiana nel parco davanti al castello come dono al suo consorte.

Castello Massimo

All’interno sono conservati arredi d’epoca, una raccolta di strumenti musicali nonché armature ed armi antichi.

La Sala del Trono presenta volte decorate da Federico e Taddeo Zuccari.

Altri affreschi ben conservati si trovano nel Salone.

Castello Massimo

Nel castello si trova anche una cappella gentilizia dedicata a San Filippo Neri con una splendida facciata decorata da tarsie marmoree del XIII secolo,  che ricordano i mosaici cosmateschi del monastero di Subiaco.

Dal balcone di un giardino pensile si gode il panorama sottostante costituito  da un bel giardino all’italiana con arabeschi di cespugli che circondano fontane.

Castello Massimo

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Castello Sangallo di Nettuno

27 venerdì Feb 2015

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Antonio da Sangallo il Vecchio, Baccio Pontelli, barone Fassini, bastioni, Castelli della provincia di Roma, castello del XV secolo, Cesare Borgia, città di Nettuno, ducato di Sermoneta, fortezza, Fortezza di Nettuno, Giuliano da Sangallo, i Borghese, i Borgia, mastio, Nettuno, papa Alessandro VI, principessa Ileana, regina Maria di Romania

Forte SangalloIl castello Sangallo, o Fortezza di Nettuno, è una fortezza posta sul litorale della città di Nettuno, in prossimità del suo borgo storico.

Fu fatto costruire a partire dal 1501 e rapidamente eretto, dal papa Alessandro VI e dal figlio Cesare Borgia, all’interno di un vasto programma di rafforzamento delle fortificazioni dei luoghi, che si intendeva assicurare alla signoria ereditaria della famiglia e, in particolare, del ducato di Sermoneta.

Forte Sangallo..

Il progetto, seppure in mancanza di una chiara documentazione, è attribuito ad Antonio da Sangallo il Vecchio, in quegli anni architetto di fiducia dei Borgia e specialista nella progettazione di “fortificazioni alla moderna”.

Forte Sangallo

Tuttavia, non mancano dubbi e si è pensato a Giuliano da Sangallo, ipotizzando che Antonio abbia operato su progetti messigli a disposizione dal fratello, rielaborandoli. Un altro orientamento invece attribuisce la paternità della costruzione all’architetto militare Baccio Pontelli.

Forte Sangallo

Il forte difendeva Nettuno, all’epoca considerata “granaio del Lazio”, dagli attacchi da mare.

Dopo i Borgia, la fortificazione passò ai Colonna, poi alla Camera Apostolica e, nel XIX secolo, ai Borghese. Nel1925 venne qui stipulata la convenzione di Nettuno, tra Italia e Jugoslavia. Nel 1931 il forte appartenne al barone Fassini, che vi ospitò la regina Maria di Romania e la principessa Ileana.

Forte Sangallo

Oggi l’edificio, di proprietà comunale, ospita convegni e mostre d’arte, il “Museo dello sbarco alleato” e l’Antiquarium, che espone materiale archeologico, storico ed artistico del territorio di Nettuno.

Forte Sangallo.

Il forte, situato in prossimità del mare e a ponente del borgo medievale di Nettuno, ha una forma quadrangolare: ai vertici, bastioni con angoli smussati detti “orecchioni”; mura molto spesse senza merlature ed un’alta scarpa; due ordini sovrapposti di postazioni di artiglieria coperte (troniere), nascoste nell’intersezione (gola) tra cortine e bastioni, secondo un modello innovativo dovuto proprio ai Sangallo, (e forse qui adottato per la prima volta, al fine di assicurare la completa copertura del tiro radente a protezione delle mura). Al centro, un imponente mastio fu ampliato in tempi successivi.

Forte Sangallo

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Castello della Cervelletta

27 venerdì Feb 2015

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Cardinale Scipione Borghese, Castelli di Roma, castello del XVI secolo, Castello della provincia di Roma, castello medievale, famiglia Salviati, fortezza monastica, gli Sforza, i Borghese, Il Castello, tenuta della Cervelletta, torre medievale, Valle dell'Aniene

Casale della CervellettaIl castello della Cervelletta è un casale con torre medievale arroccato su una rupe tufacea a controllo delle antiche vie Collatina e Prenestina e situato nella Riserva naturale Valle dell’Aniene a Roma, in via della Cervelletta.

Castello della Cervelletta

Il castello è attorniato da vari corpi di fabbrica fatti costruire dagli Sforza e dai Borghese tra il XVI ed il XVII secolo.

Castello della Cervelletta

La tenuta della Cervelletta era un vasto fondo medievale di proprietà ecclesiastica, che fu prima del monastero di S. Tommaso in Formis (bolla di Innocenzo III del 1202) con la denominazione di Casale sancti loci, poi della Basilica Lateranense ed in seguito della Basilica di S. Lorenzo fuori le mura.

Castello della Cervelletta

Il casale principale è stato fatto realizzare dai Borghese nel 1630, nel XVI secolo il fondo venne rilevato dalla famiglia Sforza che lo tenne sino al 1628, quando venne acquistato dal Cardinale Scipione Borghese; a questa famiglia si deve la trasformazione del casale in elegante residenza di campagna e lo sviluppo della sua parte produttiva.

Casale della Cervelletta

Nel 1835 il fondo passò alla famiglia Salviati, che realizzò la bonifica del territorio colpito dalla malaria. Il complesso della Cervelletta oggi si presenta come una struttura composita, frutto di stratificazioni secolari ed insieme delle trasformazioni funzionali che ha subito: da sistema fortificato a centro direzionale di una vasta tenuta agricola ed ancora a dimora signorile.

Castello della Cervelletta

La struttura è costituita da un corpo centrale voluto dai Borghese, il cui stemma di famiglia campeggiava sino al 1950 sulla finestra centrale del piano superiore; l’accesso al casale avviene attraverso un elegante portale che immette in un portico, il quale a sua volta conduce agli ambienti residenziali e, attraverso un cortile interno, agli spazi di servizio con le stalle ed i fienili.

EPSON DSC picture

Nel piano nobile è un salone con camino, sul quale è dipinto lo stemma della famiglia Salviati; degna di nota è anche l’ampia loggia coperta, caratterizzata da due grandi aperture ad arco. La torre medievale (XII sec.), coronata da merlatura guelfa, è di notevole altezza (circa 30 metri) e presenta resti di feritoie e di mensole di sostegno dei ballatoi, ad indicare l’originaria funzione giurisdizionale e di vedetta.

Castello della Cervelletta

La facciata consta di due file di finestre con cornici in tufo. La fascia orizzontale è suddivisa in due cornici di cui l’inferiore è marcapiano. Il piano inferiore è a scarpa. Il cornicione è in tufo.

Castello della Cervelletta

Sopra la finestra centrale vi era lo stemma dei Borghese. La torre, a pianta rettangolare, risale al XIII secolo ed è alta 30 metri, è sita sul lato nord est del cortile. La merlatura della torre è guelfa. In cima alla torre vi sono degli anelli marmorei che dovevano sostenere delle fiaccole. Nel lato sud ovest vi è una latrina.

Castello della Cervelletta

Il casale comprende di un’esposizione che va dalle cantine fino alle stalle, al forno (che venne usato anche come riscaldamento) e al giardino, visitabile il martedì e il giovedì dalle 9.30 alle 12.30 e la domenica dalle 15.30 alle 18.30

Casale della Cervelletta

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Castel Sant’Angelo

26 giovedì Feb 2015

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Castelli di Roma, Castello del X secolo, castello medievale, Castello rinascimentale, fortezza papale, gli Orsini, imperatore Adriano, imperatore Onorio, Mausoleo di Adriano, Mura Aureliane, papa Niccolò III, papa Orsini, papa Urbano V, Pierre van Verschaffelt, Raffaello da Montelupo, roccaforte, Tevere

Castel Sant'AngeloCastel Sant’Angelo (o Mole Adrianorum o “Castellum Crescentii” nel X-XII sec.), detto anche Mausoleo di Adriano, è un monumento di Roma, situato sulla sponda destra del Tevere di fronte al pons Aelius (attuale ponte Sant’Angelo), a poca distanza dal Vaticano, nel rione di Borgo; è collegato allo Stato del Vaticano attraverso il corridoio fortificato del “passetto”, il castello è stato radicalmente modificato più volte in epoca medioevale e rinascimentale.

Castel Sant'Angelo

La storia di Castel Sant’Angelo coincide sostanzialmente con quella di Roma ed è impossibile scindere queste due entità così profondamente compenetrate: i mutamenti, i rivolgimenti, le miserie e le glorie dell’antica Urbe sembrano riflettersi puntualmente nella massiccia mole che da quasi duemila anni si specchia nelle pigre acque del Tevere.
Nasce come sepolcro voluto dall’imperatore Adriano in un’area periferica dell’antica Roma ed assolve questa sua funzione originaria fino al 403 d.C. circa, quando viene incluso nelle mura aureliane per volere dell’imperatore occidentale Onorio.

Castel Sant'Angelo

Da questo momento inizia una ‘seconda vita’ nelle vesti di castellum, baluardo avanzato oltre il Tevere a protezione della città. Numerose famiglie romane se ne contendono il possesso, che sembra garantire una posizione di preminenza nell’ambito del confuso ordinamento dell’Urbe: sarà roccaforte del senatore Teofilatto, dei Crescenzi, dei Pierleoni e degli Orsini. E’ proprio un papa Orsini – Niccolò III – a far realizzare il Passetto di Borgo, che collega il Vaticano al Castello, in una continuità fisica ed ideale.

Castel Sant'Angelo
Nel 1367 le chiavi dell’edificio vengono consegnate a papa Urbano V, per sollecitare il rientro della Curia a Roma dall’esilio avignonese.

Da questo momento in poi Castel Sant’Angelo lega inscindibilmente le sue sorti a quelle dei pontefici, che lo adattano a residenza in cui rifugiarsi nei momenti di pericolo. Grazie alla sua struttura solida e fortificata ed alla sua fama di imprendibilità il Castello ospita l’Archivio ed il Tesoro Vaticani, ma viene adattato anche a tribunale e prigione.

Castel Sant'Angelo

Con il cambiamento di funzione, l’aspetto e l’impianto del Castello vengono rimodellati attraverso una lunghissima serie di interventi che si snodano nel corso di quattro secoli. Nuove strutture si assommano a quelle preesistenti, alterandole, modificandone la funzione, talvolta cancellandole, in un processo di trasformazioni ininterrotte che sembrano scivolare l’una nell’altra senza soluzione di continuità.

Castel Sant'Angelo

La storia lunghissima e variegata dell’edificio, con le sue mille metamorfosi sembra essersi sedimentata nel complicato intrico di sotterranei, ambienti, logge, scale e cortili che costituiscono l’attuale assetto del Castello.

Castel Sant'AngeloLa struttura originaria e le successive superfetazioni si compenetrano, sovrapponendosi e fondendosi l’una con le altre, e dando vita ad un organismo sfaccettato e complesso, carico di valenze simboliche e di stratificazioni storiche.

Castel Sant'Angelo

Per commemorare l’avvenimento che ha dato il nome attuale alla struttura, la statua di un angelo corona l’edificio. In origine si trattava di una statua di legno che finì per consunzione; il secondo angelo, di marmo, fu distrutto nel 1379 in un assedio e sostituito nel 1453 da un angelo di marmo con le ali di bronzo.

Castel Sant'Angelo

Questo angelo venne distrutto nel 1497 da un fulmine che fece esplodere una polveriera nel castello e fu sostituito con uno di bronzo dorato che però nel 1527 venne fuso per farne cannoni. Infine fu la volta di una statua in marmo con le ali di bronzo di Raffaello da Montelupo risalente al XVI secolo e attualmente visibile nel Cortile dell’Angelo e poi, nel 1753, arrivò l’attuale angelo in bronzo di Pierre van Verschaffelt, sottoposto a restauro tra il 1983 e il 1986.

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Castello di Fumone

26 lunedì Gen 2015

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Caetani, Castelli della provincia di Frosinone, Castello con fantasma, Castello del X secolo, castello medievale, Enrico VI, Il Castello, Jus primæ noctis, marchesi Longhi, papa Bonifacio VIII, papa Celestino V, Pozzo delle Vergini

 

Castello di Fumone.

Il castello di Fumone sorge in un piccolo borgo nel Lazio in provincia di Frosinone, costruito tra il IX ed il X secolo, sulla sommità del colle. Da sempre questa fortezza è stata testimone di vicende segrete, drammatiche e macabre.

Castello di Fumone

Nel corso del Medioevo, il colle di Fumone diventa fondamentale per la sicurezza di Roma in tempi segnati da incursioni saracene e normanne: in caso di invasioni raccoglie i segnali di fumo che segnalano un pericolo incombente inviati dalle località più direttamente minacciate, e li rinvia all’Urbe. Proprio a questa sua funzione si deve il nome Fumone.

Castello di Fumone

 

Nel 1186 il castello di Fumone deve difendersi dall’assedio di Enrico VI ma riesce a tenergli testa.

Come primo utilizzo il castello fu adibito a prigione dello Stato della Chiesa ed era tristemente conosciuto per le condizioni disumane e per le torture che venivano praticate ai prigionieri tanto che essere condannati a scontare la propria pena a Fumone equivaleva spesso ad una condanna a morte.

Castello di Fumone
Di tanto in tanto vengono ancora udite provenire dai sotterranei le urla ed i gemiti dei poveri condannati.

Nel 1295 nel Castello viene imprigionato il papa Celestino V, che aveva abdicato, per ordine del suo successore Bonifacio VIII che ne temeva l’autorità e un possibile ritorno al soglio pontificio. Celestino V muore nel maggio 1296, secondo alcuni assassinato per volere dello stesso Caetani.

Castello di Fumone

Il governo pontificio, ben consapevole dell’importanza del piccolo centro, dopo averlo affidato a vari feudatari, a partire dalla metà del Duecento mantiene il più diretto controllo sul Castello: solo nel XVI secolo Fumone raggiungerà l’autonomia comunale.

Nel passare degli anni il castello si è fuso architettonicamente col borgo medievale, alla fine del Seicento il castello passa nelle mani dei marchesi Longhi, che tuttora ne sono proprietari.

Castello di Fumone

Il castello di Fumone è circondato di misteri e leggende una vicenda molto triste fu quella del “marchesino” Francesco Longhi, egli unico maschio tra sette sorelle maggiori era il predestinato per avere in eredità tutti i possedimenti di famiglia, tuttavia le sorelle invidiose non erano intenzionate a rinunciare all’eredità e quindi misero in atto un tremendo piano ai suoi danni: giorno dopo giorno misero dei pezzetti di vetro nel cibo del bambino che ben presto cominciò ad accusare tremendi dolori che lo portarono alla morte all’età di soli 5 anni e dopo una lenta agonia.

Castello di Fumone
Le spoglie furono “imbalsamate” con la cera, per ordine della madre disperata, e sono ancora visibili oggi, poste in una teca conservata nel castello ad eterna memoria. Non è ben chiara la tecnica che fu usata per conservare il corpo ed il medico che la eseguì morì subito dopo in circostanze poco chiare.
Ad appesantire l’atmosfera del castello fu la decisione, sempre della madre, di far ridipingere tutti i ritratti presenti facendo togliere qualsiasi immagine gioiosa e serena.

Castello di Fumone

Leggenda vuole che il castello sia infestato dalla presenza del fantasma di Emilia Caetani Longhi, la madre del piccolo Francesco.
Ogni notte la presenza sarebbe udibile percorrere con passo inquieto le stanze verso la teca fino a prendere in braccio il figlio per cullarlo, ancora una volta, tra singhiozzi e tristi nenie.
Lo stesso marchesino, o meglio il suo spirito, si diletterebbe di tanto in tanto a spostare o nascondere degli oggetti.

Nel castello è ancora visibile il cosiddetto “Pozzo delle Vergini”, Castello di Fumonesi tratta di un pozzo stretto e molto profondo dove venivano gettate le donne appena sposate che non giungevano vergini al letto del proprietario del castello. Secondo l’antica pratica del “jus primae noctis” infatti tutte le ragazze che prendevano marito dovevano trascorrere la prima notte dopo le nozze nel letto del signore del luogo e se costui non ne constatava la purezza le gettava nel pozzo dove le poverette trovavano una morte atroce accompagnata dalle urla strazianti che risuonavano per tutto il borgo.

Castello di Fumone

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Castello di Itri

23 venerdì Gen 2015

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cammino di ronda, Castelli della provincia di Latina, Castello con fantasma, Castello del X secolo, castello itrano, contessa Giulia Gonzaga, corsaro Barbarossa, duca di Gaeta Docibile, famiglia Caetani, fortezza medioevale, fortilizio, Il Castello, Museo del brigantaggio, sultano Sulimano II, Torre del coccodrillo, torrione

Castello di Itri

Il Castello, possente fortezza medioevale, alta e maestosa, è collocato sulla parte più elevata della collina denominata Sant’Angelo. Esso si articola intorno ad una torre pentagonale con piccola cinta merlata (attribuita al duca di Gaeta Docibile Inell’882). Nel 950 il nipote di Docibile, Marino I, fece costruire una seconda torre quadrata più alta e maestosa della prima. In seguito, il Castello fu oggetto di nuovi lavori, con la costruzione della parte abitativa, del torrione cilindrico e del cammino di ronda (1250) che li unisce.

Castello di Itri

torrione cilindrico è anche detto “Torre del coccodrillo”, in quanto secondo la leggenda in questa torre si trovava dell’acqua con uno di questi animali, al quale venivano dati in pasto i condannati a morte.

Castello di Itri

A questo complesso appartiene anche un  (la cavea) con tre piccole torrette cilindriche disposte ad un livello inferiore e visibili dall’entrata principale del Castello: questa parte era adibita a luogo di ristoro per cavalli, servitù e gendarmi. Dalla cavea si può vedere, grazie ad un cancelletto, il ghetto ebraico (Vico Giudea) dove si trovava anche una piccola sinagoga, ormai scomparsa.

Castello di Itri

La parte del Castello destinata ad abitazione si sviluppa su due piani, ciascuno diviso in tre sale. Entrando nel Castello, immediatamente a sinistra si presentano tre sale, dalla seconda si può accedere, grazie ad una scalinata, al piano inferiore. Questo piano è costituito da tre vasti spazi destinati ad uso domestico, come lasciano supporre i resti del forno e della vasca utilizzata per conservare il cibo, ancora visibili nella stanza sulla sinistra. Si può anche osservare l’antica cisterna dove erano raccolte le acque piovane.

Castello di Itri

Al secondo piano è possibile vedere i resti di quello che era un camino ed un affresco rappresentante Sant’Antonio abate e Madonna lattante con il Bambino. In questo punto, infatti, fu fatta costruire dalla famiglia Caetani una cappella privata che fa pensare che la sala antistante fosse una camera da letto. Secondo alcune leggende, sarebbe possibile sentire dei fantasmi lamentarsi nelle notti di temporale e, soprattutto, veder fluttuare dei mantelli lungo il cammino di ronda che collega il Castello alla “Torre del Coccodrillo”.

Castello di Itri

Il Castello ospitò anche bellissima Giulia Gonzaga, contessa di Fondi e donna famosa per aver accolto nella sua dimora artisti e letterati dell’epoca.

Danneggiato dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, è stato acquistato dalla provincia di Latina nel 1979 per un prezzo simbolico dal Dottor Comm. Francesco Saverio Ialongo e poi ceduto al Comune d’Itri. Una volta restaurato, il Castello avrebbe dovuto ospitare il “Museo del brigantaggio”.

Castello di Itri

Durante i lavori di restauro, in seguito ad una richiesta di fondi dalla Comunità Europea, il sindaco e la giunta itrana hanno ritenuto opportuna la collocazione di suddetto museo in una diversa zona del paese, località Madonna delle Grazie.

Castello di Itri

L’inaugurazione della prima parte restaurata del Castello è avvenuta il 4 giugno 2003, il 14 settembre 2007 è stato aperto l’intero castello. Al suo interno oggi il Castello di Itri ospita le mostre, i mercatini d’artigianato locale, i convegni, le cerimonie ma anche le feste private. Nella cavea invece si organizzano durante l’estate le serate di cinema e diversi concerti.

Castello di Itri

Il castello di Itri rappresenta il tipico esempio di struttura difensiva strettamente legata alla natura del luogo e alle esigenze di controllo territoriale.

Il Castello, facendo corpo con la roccia, si pone sulla parte più alta della collina di Sant’Angelo. Tutt’intorno, seguendo le curve di livello, si sviluppa l’antico e suggestivo borgo medievale.
Il Castello fu costruito sull’impianto di una precedente fortezza, probabilmente di origine longobarda.

Castello di ItriE’ oggi usato dalla comunità itrana per diverse attività  come: mostre, convegni, sagre, mercatini, cerimonie e spettacoli culturali.

Come gran parte delle fortezze medioevali, anche il castello di Itri è avvolto dalla “leggenda”; una delle storie più curiose è quella che riguarda la torre cilindrica, conosciuta come torre  “del Coccodrillo” e così chiamata  perché, nella parte inferiore, vi era dell’acqua con la presenza di un alligatore al quale erano dati in pasto i condannati a morte dell’ Orto della corte che  amministrava la giustizia. Intorno a questo fossato sono fiorite innumerevoli leggende; una di esse narra che nel castello vagano, come anime in pena, numerosi fantasmi, il che dà alle rovine un alone di mistero.

Castello di Itri

Nel 1534 il pirata Ariedano detto il Barbarossa giunse ad Itri per rapire l’ avvenente ed illuminata Giulia Gonzaga, una delle donne più celebrate del Rinascimento, per darla in dono al suo padrone sultano Sulimano II; Giulia scappò dal Castello di Fondi e si rifugiò presso quello itrano (taluni sostengono che ella trovò riparo presso il Santuario della Madonna della Civita al quale lasciò in dono, forse proprio per l’ospitalità avuta, un prezioso anello).

Castello di Itri

Il Barbarossa, pensando però che ella si nascondesse nel convento delle Benedettine a San Martino in Pagnano, fece strage delle monache e rase al suolo il convento.
Ippolito dè Medici, intimo amico di Giulia Gonzaga, probabilmente suo amante, era un assiduo frequentatore del castello itrano; una storia narra che proprio ivi gli fu servito il brodetto avvelenato che ne decretò la morte.

Castello di Itri

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Castello delle Querce

23 venerdì Gen 2015

Posted by castlesintheworld in Castelli, Castelli d'Europa, Castelli d'Italia, Castelli del Lazio

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Castelli della provincia di Latina, castello del XIV secolo, castello in pietra, Castello in rovina, castello medievale, comune di Fondi, contessa Giulia Gonzaga, fortilizio medievale, Il Castello

Castello delle Querce

Il castello delle Querce è un castello in rovina è situato fuori del centro cittadino di Fondi, in una zona pedemontana tra i monti Passignano e Valletonda nella località un tempo nota come Le querce di Cesare, in provincia di Latina.

Castello delle Quercie

L’edificio nascerebbe, secondo le ipotesi formulate, in epoca medioevale XIV secolo per motivi militari, come fortino difensivo e di avvistamento per poi divenire residenza di campagna, la presenza di un impianto quadrangolare con torrette circolari negli angoli e di strette e lunghe feritoie nella cortina muraria di queste ultime, siano elementi che senza dubbio connotano una costruzione fortilizia.

Castello delle Quercie

Ciò che caratterizza questa costruzione è senza dubbio la conformazione
planivolumetrica ad impianto quadrangolare con torri circolari negli angoli e
l’aggiunta di un corpo di fabbrica rettangolare, la posizione rialzata rispetto a
chi lo raggiunge percorrendo la strada che giunge dalla città, a guisa di un
baluardo fortilizio, e la struttura muraria completamente in pietra.

Castello delle Quercie

Complessivamente l’edificio si presenta come la fusione di due corpi, uno

quadrangolare con quattro torrette circolari sugli angoli e l’altro, a base
rettangolare, che sembra innestarsi sulle due torri del prospetto nord-ovest del
primo, andando a costituirne un prolungamento

Castello delle Quercie

L’edificio occupa in pianta una superficie di circa 216 mq, e raggiunge un’altezza di gronda pari a 11,60 m; ad esso afferisce un terreno di 11.593 mq che si trova alle sue spalle, sui terrazzamenti creati lungo il pendio della montagna.

Lo stato di abbandono in cui verte lo stabile ha fortemente compromesso la qualità dei materiali e la sicurezza statica, ciò ha portato, in alcuni casi, al crollo di porzioni
anche considerevoli di solai e partizioni murarie interne.

Castello delle Quercie

Qui si incontravano spesso la contessa Giulia Gonzaga con un suo amante, infatti si dice che Giulia scoprì per caso un passaggio segreto che dal castello baronale di Fondi portava fin su Monte Vago, dove c’era il convento. Da qui era possibile raggiungere il castello alle querce, o alla ripa come dice mio nonno, dove appunto si incontravano Giulia ed il suo amante.

Il castello delle Querce è attualmente di proprietà del Parco dei Monti Aurunci.

Castello delle Quercie

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Castello baronale di Fondi

23 venerdì Gen 2015

Posted by castlesintheworld in Castelli, Castelli d'Europa, Castelli d'Italia, Castelli del Lazio

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Castelli della provincia di Latina, castello baronale, castello del XIII secolo, castello medievale, comune di Fondi, corsaro Barbarossa, Giulia Gonzaga, Il Castello, mastio, merlatura, Orlando furioso, papa Clemente VII, Rocca, Sultano Solimano, torrione

Castello baronale di Fondi

Il castello baronale di Fondi è sito nel comune di Fondi in provincia di Latina, è una costruzione realizzata in epoche diverse, come è possibile riscontrare tra le varie stratificazioni visibili sui suoi componenti architettonici.

Castello baronale di Fondi

La prima fase costruttiva risale al XIII secolo e si può riconoscere nella base, o zoccolo; alla seconda fase costruttiva (XIV secolo) sono riconducibili la torre squadrata e le torri angolari. Il maschio è stato costruito nella seconda metà del Quattrocento.

Castello baronale di Fondi

Il Castello Baronale iniziò a definirsi nel suo aspetto odierno a partire dal Trecento, quando anche la cinta muraria di Fondi venne rivista a scopi difensivi.

Castello baronale di Fondi

Nel 1378, fu sede dell’elezione dell’antipapa Clemente VII, elezione che valse alla città l’appellativo di “città di Satana”. Passò ai Colonna e ai Gonzaga (di cui fu importante per la città di Fondi la principessa Giulia Gonzaga cantata nell’Orlando furioso).
All’epoca di Giulia Gonzaga la città venne chiamata “la piccola Atene”, per via degli eventi culturali effettuati nel castello.

Castello baronale di Fondi

La bellezza della principessa di Giulia Gonzaga arrivò al corsaro Barbarossa, il quale la volle rapire per portarla al sultano Solimano, ma avvertita dai suoi fedeli Giulia fuggì attraverso i sotterranei.

Castello baronale di Fondi

La struttura principale è composta da un maschio o torrione cilindrico a merlatura spiccante da una torre squadrata sottostante a pareti irregolari e dozzinali le sue parti della torre (la circolare e la squadrata) sono separate da un’intercapedine.

Castello baronale di Fondi

Più o meno dello stesso periodo sono alcune altre parti della rocca tra cui delle torri cilindriche angolari.

Il castello in seguito venne più volte rimaneggiato, il castello Baronale divenne la sede di numerosi eventi culturali.

Castello baronale di Fondi

La merlatura del mastio venne abbattuta nel XIX secolo; nello stesso periodo la struttura ospitò le prigioni. Ancora oggi è possibile ammirare i graffiti dei prigionieri. Il Castello Baronale di Fondi oggi è sede del Museo Civico.

Castello baronale di Fondi

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