Appartenuto ai Conti Vagnone di Celle e di Trofarello, il Castello è richiamato nei documenti ufficiali fin dal 1209. Sorto sul declivio collinare tra i confini del torinese e del Monferrato, si presentava come un insieme di edifici e corti su cui svettava l’antica torre, la stessa che ancora si erge sulla pubblica piazza. Da struttura fortilizia a dimora aristocratica – riplasmata nel 1706 a seguito di un rovinoso incendio – col tempo il complesso edilizio acquisì notevole importanza come dimostra la costruzione della piccola cappella inserita ad est, la cui facciata si riconduce a progetti di Filippo Juvarra. Inoltre vi lavorano architetti famosi quali il Vittone e il Toneschi.
Questa è solo una delle chicche del castello, oggi riportate alla luce degli interventi dell’impresa Pastura, società specializzata nel restauro edilizio di immobili vincolati dalla Soprintendenza. Dopo sei anni di lavoro – sotto la direzione dell’architetto Mauro Corino – il castello si presenta esattamente come era trecento anni fa, sia per quel che riguarda gli spazi esterni che quelli interni. La decorazione delle sale nobiliaria, come quella del Salone delle Feste e delle altre stanze dello stesso piano, riprende schemi e soggetti tipici del XVIII secolo, attribuiti al Rapus ed al Perego. E’ nel primo, in particolare, che si possono ammirare disegni di trofei ed armi affiancate a strumenti musicali, riprodotti sui parapetti in “papier mache”.
Sulla volta, un trionfo di angeli ripropone allegorie che richiamano quelle delle residenze sabaude. Il restauro è stato eseguito secondo le indicazioni della Sopraintendenza; allo stesso tempo, le porte, i serramenti, i pavimenti in pietra sono frutto di un attento studio della tecnica edilizia della tradizione piemontese e realizzati con le cosiddette pietre Bargioline del ‘700. E’ stato questo uno dei fili conduttori del restauro: non solo far rivivere i fasti dell’epoca da un punto di vista estetico, ma riproporre gli stessi materiali, all’epoca particolarmente diffusi e oggi rari e ricercati.
La storia del Castello
Il tema del presente studio brilla, tra i molti di analogo soggetto presenti in territorio piemontese, per la pressoché totale assenza di sistematiche fonti documentarie, testi a stampa, studi monografici e ricerche con notizie desunte da fonti d’archivio. Tace persino quanto resta dell’Archivio Vagnone di Trofarello, in deposito presso l’Archivio di Stato di Torino, ancorché sia misera cosa (4 tomi, in tutto) rispetto alla consistenza che è legittimo supporre avessero i documenti di una famiglia tanto illustre, numerosa e di così lunga tradizione. In questo proliferare di silenzi e di notizie frutto talora solo di tradizioni orali, fanno eccezione poche indicazioni di vario tenore, contenute in memorie eterogenee, prevalentemente a firma di membri della nobile casata vissuti tra ‘700 e ‘800 o a noi sostanzialmente contemporanei.
In tale situazione, il presente studio, basato su documenti e fonti di tipo archivistico o comunque attendibili e verificate, si colloca inevitabilmente con valenze di inedito e, seppure non vanti pretese di esaustività, intende collocarsi quale avvio per ulteriori approfondite ricerche inerenti un tema che senza dubbio continua a lasciare interrogativi irrisolti e a serbare aspetti di grande fascino e di notevole valenza per studiosi della storia, dell’arte e della cultura dal medioevo ad oggi.
Il territorio di Trofarello

La zona doveva essere particolarmente esposta alle correnti dei mari preistorici che hanno preceduto la formazione della pianura padana, in quanto ancora oggi si conservano antiche diciture di luoghi che ricordano il mare che nel tempo si è allontanato: Sabbioni, Arena, Pesce, Giairetti, Rigolfi, Bocchetti, Rivera. Man mano che il mare si ritirava, si estendeva la pianura fertile. Le colline, che prima formavano isole emergenti, divennero luoghi stanziali dei primi animali e successivamente delle prime popolazioni neolitiche.Nel periodo preistorico, alle popolazioni localmente presenti si sovrapposero

Dall’epoca di Carlo Magno sino alla dominazione del Barbarossa, la famiglia dominante su tutta la zona di Trofarello e Celle assunse il nuovo appellativo di Guagnone (circa 1100- 1150) e, successivamente, di Vagnone (1190), se pure il primo Signore di Trofarello sia stato nel 1100 Oberto di Salaurato.
Frattanto, nell’XI sec. l’acutizzarsi della crisi del potere pubblico e la conseguente disgregazione della marca, andò di pari passo con l’affermarsi del potere dei Vescovi di Torino che allargarono la loro influenza fuori dalle mura cittadine, con il favore degli imperatori che largheggiarono in donazioni. Già alla fine del X sec. un diploma di Ottone III confermava al Vescovo di Torino l’abitato di Celle, allora dotato di un proprio fortilizio. Il documento più antico ove si menziona Trofarello come unità territoriale fisica specifica risale al 1228 ed è un atto nel quale Federico II, in riconoscimento della fedeltà più volte dimostrata dai Signori di Revigliasco e di Trofarello, donava loro il contado di Celle. In altri documenti, anche anteriori, Trofarello, che ancora nell’800 era chiamata Truffarello se pure la prima trascrizione con l’attuale nome risalga al 1755, è definita Trofarellus (1209), Trufarellus (1214), Tropharellus (1228), Troffarellus (1232). Per quanto riguarda più specificatamente la zona in cui sorge il Castello Vagnone, essa è stata sin dall’antichità un’area strategica per i transiti tra torinese e Monferrato.


In tal modo, Trofarello fu ripristinata come nodo stradale e posto di rifornimento, sosta e difesa. Sul finire del XIII sec. il Piemonte cadde sotto gli angioini: il 2 luglio 1256 i Vagnone, Signori di Trofarello, donavano i loro feudi a Chieri nella forma del feudo “oblato” e ne riottenevano l’investitura con obblighi imposti dalla comunità chierese. Cosicché Trofarello, che sino alla prima metà del XIII sec. aveva gravitato su Moncalieri, legava le sue vicende a Chieri. Nel XVI sec. Trofarello era suddito del principato di Savoia, pur conservando parte degli antichi diritti di autonomia. Tra XVI e XVII sec., le guerre tra francesi e spagnoli e l’assedio del 1706 delle truppe del generale duca de la Feuillade portarono ovunque gravi danni, senza risparmiare Trofarello. Dopo la lenta ricostruzione, Trofarello seguì da vicino tutte le vicende storiche che coinvolsero la città di Chieri e le località limitrofe.